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mercoledì 31 dicembre 2008

Combattere la povertà per costruire la pace

1 gennaio 2009 – Maria Madre di Dio

Giornata mondiale della pace

Parola da vivere

Combattere la povertà per costruire la pace


Dom Helder Camara, il vescovo dei poveri, poco prima di morire, ha voluto dedicare gli ultimi anni a un sogno, un mondo senza fame. Se sogneremo insieme, il sogno diventerà realtà.
Anche il Papa vuole sognare con noi, denunciando lo scandalo della povertà nel mondo. Come si può rimanere insensibili agli appelli di coloro che, nei diversi continenti, non riescono a nutrirsi a sufficienza per vivere? Non è mera fatalità, ma conseguenza dell'inadeguatezza degli attuali sistemi di convivenza umana nel promuovere il bene comune. Le radici della povertà e della fame nascono da un'altra povertà, la miseria spirituale che rende l'uomo indifferente alle sofferenze del prossimo.
Nel Sud del mondo la miseria porta al disfacimento della persona nei suoi bisogni, a pensare solo al mangiare, perdendo il senso della sua propria dignità. Nel Nord l'aridità del cuore è imponente, tanto che il cibo acquistato da una famiglia va per il 30% nella pattumiera, ancora in parte commestibile. La povertà va combattuta come un crimine non come una fatalità e va conosciuta, va provata nella propria carne. Va sconfitta nelle sue radici: chi ha il coraggio di dedicare le sue ferie a conoscere la povertà di tante persone in un Paese del Sud del mondo? Non risolverà quasi niente, ma con certezza avrà sconfitto la miseria spirituale che lo imprigiona.


Testimonianza di Parola vissuta


LA FORZA DELL'AMORE
Lavoro nel reparto recezione e contabilità di un ospedale in Libano. Bassam arrivò una mattina con un parente malato: Bassam non è libanese, ma palestinese e la sua nazionalità bastava a sconvolgermi nel più profondo, perché provengo da un villaggio cristiano che è stato interamente bruciato dai palestinesi e dal quale la maggior parte degli abitanti superstiti è sfollata, mentre tanti sono morti. Ho subito riconosciuto la sua nazionalità dal suo accento e dall'indirizzo. E dentro di me, ho detto: "Signore, ti prego, voglio testimoniare te, aiutami!". Mi sono ricordata di quelle parole del Vangelo: "Qualunque cosa hai fatto al minimo l'hai fatto a me". Dovevo riconoscere ed amare nel suo volto il volto di Gesù.
Ho guardato Bassam in faccia e mi sono accorta che era spaventato, che non voleva svelare la sua identità. Ho rispettato il suo desiderio e non ho chiesto documenti né a lui né al malato che aveva accompagnato. Era un caso grave. Bassam mi ha detto che non aveva un'assicurazione e che non poteva pagare in anticipo le spese dell'operazione, come richiede il regolamento dell'ospedale. Ho cercato di superare il riferimento per quella ferita ancora aperta e gli ho detto che potevo aiutarlo.
I giorni seguenti ho avuto modo di assisterlo in varie occasioni. Era meravigliato: "Sono straniero, perché mi aiuti così?". E mi ringraziava sinceramente, toccato dall'amore che avevo per lui. Il malato che aveva portato era in pericolo di vita e lo è stato per tutto il periodo della degenza in ospedale. Bassam era molto preoccupato per lui. Ho chiesto ai medici di curarlo il meglio possibile e di rasserenare i parenti in ansia. Gli ho dato una preghiera che avevo con me e che dice: "Credo in te, Signore, rafforza la mia fede, è su di te che conto, aiutami". Poi ho aggiunto: "Non temere, la preghiera arriverà a Dio e anch'io pregherò per il tuo parente ammalato".
L'ultimo giorno di ospedale, quando Bassam è venuto alla cassa per pagare, mi ha detto: "Devo confessarti qualcosa che non sai". "Non dirmi niente, so già tutto ", ho risposto. "Lo sai che non sono cristiano e nemmeno libanese?". "Lo so dal primo giorno e per questo non ti avevo chiesto la carta d'identità". Allora mi ha raccontato che aveva sempre avuto un'idea negativa dei cristiani. Poi ha chiesto di venirmi a trovare a casa, con sua moglie e sua madre. Abitava a più di un'ora e mezza dal mio paese. Ma sono venuti tutti e tre. Nel corso della conversazione, mi ha chiesto più volte il perché del mio comportamento. Ho risposto semplicemente che la nostra religione è fondata sull'amore e sul perdono.

(Hoda N.)


(da "Camminare insieme" - vedi Testimoniare la Parola)


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