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venerdì 14 novembre 2008

Far fruttificare i talenti

16 novembre 2008 – 33a domenica del Tempo ordinario (A)

Parola da vivere

A chiunque ha verrà dato ( ... )
ma a chi non ha verrà tolto
anche quello che ha
(Mt 25,29)


Il talento è una moneta preziosa. Può essere paragonato al dono della vita, alla salute, all'intelligenza, alle doti naturali. Non c'è bisogno di possederne più d'uno per sentire che dobbiamo farlo fruttificare. Alcuni hanno ricevuto doni (talenti) particolari a servizio della Chiesa e del mondo. Ma noi che, in maggioranza, ci sentiamo persone comuni, che fare del nostro talento?
Sei diplomato? Perché non mettere a disposizione qualche ora per insegnare a chi non sa o non può studiare?
Hai un cuore particolar-mente generoso? Non hai mai pensato di mobilitare delle forze ancora sane in favore della gente povera ed emarginata e rimettere così nel cuore di molti il senso della dignità dell'uomo?
Sei portato alla musica, alla poesia, alla recitazione? Che occasione di rendere più attraenti, più ricche, più moderni gli incontri della tua comunità ecclesiale, per sfatare l'idea che la liturgia della Chiesa è pesante, vecchia e senza gioia?
Hai doti particolari per confortare? Oppure per tenere la casa, per cucinare, per confezionare con poco abbigliamenti utili o per lavori manuali? Guardati attorno e vedi chi ha bisogno di te.
Noi cristiani non abbiamo tempo libero, finché ci sarà sulla terra un ammalato, un affamato, un carcerato, un ignorante, un dubbioso, uno triste, un drogato, un disabile, un orfano, una vedova...
E la preghiera non ti sembra un talento formidabile da utilizzare, dato che in ogni momento puoi rivolgerti a Dio presente dappertutto?
Se tutti i cristiani nella Chiesa mettessero a disposizione degli altri i loro doni, l'amore scambievole che ne nasce sarebbe una esplosione di fede nel Gesù presente e vivo tra loro. Sarebbe una rivoluzione.


Testimonianza di Parola vissuta


In questi giorni sto vivendo in modo particolare il "non sono venuto per essere servito, ma per servire".
Ieri ad esempio mi sono trovato ad ascoltare un mio amico che era in difficoltà. Ascoltare è un modo di servire. Ma in un primo momento invece di servire mi "facevo servire". Infatti subito ho assalito il mio amico con i "miei consigli salutari"... Ma mi stavo servendo dell'occasione per dimostrarmi che ero bravo e sapevo consigliare il prossimo! E quello a gridarmi: "Ma no! Ma non capisci!".
Ho capito subito il mio passo falso e mi sono ritirato in silenzio lasciando fare chi capisce veramente. Il mio amico ha ripreso a raccontarmi le stesse cose con parole più o meno uguali. Alla fine è uscito dalla stanza più soddisfatto.
Ho capito che aveva solo bisogno di essere ascoltato.

(N.B.)

(da "Camminare insieme" - vedi Testimoniare la Parola)

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