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domenica 21 settembre 2008

Il diacono, profezia di Cristo servo

Ho ripreso un articolo, apparso sul numero 149 della rivista "Il diaconato in Italia", di Luciano Meddi dal titolo"Il diacono è profezia di Cristo servo".
In esso ho trovato conferma su molte cose che sento riguardo alla figura del diacono in seno alla comunità cristiana. Figura che, anche se non compresa appieno o bistrattata, rimane pur sempre punto di riferimento profetico su un nuovo tipo di ministerialità e di approccio ecclesiale; figura presente nella comunità in maniera dinamica e dialogica, quale rappresentate del vescovo, assieme ed al servizio dei presbiteri.
In altre parole, la presenza del diacono è una presenza sacramentale qualificata per mezzo della quale la Parola di Dio può diventare realmente segno di salvezza nella storia concreta degli uomini, e contribuire così al progetto originario del Creatore alla fraternità universale.
La responsabilità di tale presenza sacramentale qualificata non è frutto solo di buona volontà personale, ma soprattutto di una coscienza ecclesiale matura, che trova nella comunità diocesana dei diaconi il suo luogo privilegiato di formazione.

Riporto alcuni passi dell'articolo (il "grassetto" è mio).

È opinione condivisa che il ruolo del diacono sia messo in ombra nelle comunità diocesane e parrocchiali. Questo deriva anche dalla separazione esistente tra Rivelazione e Storia. Se il desiderio di salvezza di Dio "termina" nella celebrazione liturgica, perché un altro ministero? Dare forza al "secondo braccio del Vescovo" sarà possibile solo riscoprendo il vero compito messianico della Chiesa. Per troppo tempo nella storia della Chiesa la Parola di Dio scritta, attestata, è stata compresa solamente come libro delle verità su Dio. Indubbiamente nell'insieme dei libri sacri che compongono la nostra Bibbia questo aspetto è sicuramente presente.
Tuttavia non si può fare della Scrittura il libro delle informazioni che riguardano il mistero di Dio, soprattutto se tale parola, mistero, indica principalmente il racconto delle grandi meraviglie che Dio ha voluto compiere per il suo popolo. Le azioni di salvezza pur avvenute nel passato vanno comprese come eventi cioè come azioni programmatiche. Dio ha fatto una volta per fare sempre. È in questa prospettiva che va letta la Scrittura. Essa descrive ciò che Dio vuoi compiere in noi. Essa descrive una storia. Una attenzione eccessivamente simbolica ha sviluppato nei secoli una interpretazione di questi segni solamente in senso morale o spirituale. Questo, poi, nella traduzione semplificata della pastorale è venuto a significare che l'azione di Dio riguarda solo la salvezza dopo la morte e che quindi si riferisce solo all'anima.

La Scrittura ci comunica la incrollabile volontà di Dio di costruire una storia di salvezza che va descritta in tutta la pienezza dei suoi significati. La salvezza è integrale: liberazione, alleanza, perdono, comunione con Dio, speranza negli eventi futuri… Proprio per questo siamo fermamente convinti che il futuro della missione passa anche attraverso il recupero della unità tra storia della salvezza e storia umana.

Il Cristo servo è contenuto e chiave interpretativa della Parola. Lui è il rivelatore definitivo del Padre, il Logos eterno, ma anche il contenuto di tale rivelazione. La sua storia, il suo cammino di fede e l'insieme delle scelte che ha realizzato, sono al tempo stesso contenuto di rivelazione ma anche o soprattutto chiave per comprendere il senso profondo della rivelazione divina.
La volontà del Padre non è più identificabile solo nella dimensione dell'agire morale. La preoccupazione di Dio è che si costituisca nel mondo la fraternità universale messa come orizzonte della storia degli uomini già all'inizio della creazione. Perché questo avvenga occorre che la comunità cristiana compren­da profondamente e abiti il proprio tempo e il proprio spazio profetizzando su di esso le risposte che derivano dall'insondabile ricchezza del mistero di Cristo.

Senza cadere nell'errore che l'esemplarità dei Vangeli possa tradursi immediatamente nella storia, senza cadere nel rischio del fondamentalismo e neppure nella tentazione della imposizione della fede attraverso gli strumenti della politica, la comunità cristiana ha bisogno di essere educata e guidata a fare profezia nel proprio contesto degli stessi eventi di salvezza realizzati da Cristo.

Questa riflessione sul ruolo e compito della Parola nella comunità cristiana può aiutare a comprendere anche l'identità del diacono. La sua azione nelle comunità è troppo spesso limitata alla liturgia. La sua stessa formazione è spesso affidata nelle diocesi ai centri liturgici. Il motivo di tale insufficiente collocazione di tale ministero è anche da ricollegare con il ruolo riduttivo che la Parola di Dio e l'azione profetica hanno nelle medesime comunità. Una profezia ridotta a dottrina-insegnamento non ha eccessivo bisogno della figura di diaconi soprattutto perché nelle medesime comunità la responsabilità di tale insegnamento è affidata al ministero sacerdotale che la svolge a nome del Vescovo.

…la responsabilità nella comprensione attualizzante della Parola spetta all'intero popolo di Dio e in modo particolare alle comunità locali. È in questo quadro teologico che emerge l'interrogativo come si possa garantire non solo l'ortodossia della comunità ma soprattutto la sua ortoprassi nel variare delle guide della comunità (i presbiteri).

Il diacono realizza un'attività di coordinamento…
Appartiene alla natura del servizio diaconale rappresentare il Vescovo nel coordinamento (moderazione) dell'attuazione nella concretezza della storia dell'insegnamento della Parola. La decisione del Vescovo ha bisogno di una figura ministeriale che se ne faccia carico nelle diverse realtà che compongono la realtà diocesana.
Le comunità parrocchiali possono trovare nella figura del diacono il coordinamento della responsabilità condivisa nella realizzazione del compito proprio della missione ecclesiale.

Volendo declinare nel concreto questa responsabilità nei confronti della Parola che genera una rete di salvezza e di servizio si possono individuare alcuni passaggi strutturali e strutturanti. Tenendo presenti la difficoltà che le comunità parrocchiali hanno a definire se stesse come strumento dell'agire di Dio, il compito prioritario di un diacono potrebbe essere proprio quello di collaborare con il Vescovo a far sì che nelle comunità si ricostruisca l'unità originaria tra annuncio, celebrazione e testimonianza.
Avendo come compito quello di rendere presente il servizio di Cristo-servo e avendo ben chiaro come tale servizio non è che il concreto della Parola egli potrà essere spinta continua perché nelle comunità il momento dell'ascolto e della celebrazione non siano vissute come realtà a sé stanti. Esse sono realtà sacramentali che hanno come scopo la trasformazione della storia.
Responsabilità del diacono sarà quella di collaborare con il Vescovo e con il presbitero alla costruzione e realizzazione di quei segni salvezza necessari per il territorio.
Poiché il compito fondamentale dei battezzati è continuare la costruzione del regno inaugurato da Cristo la comunità ha bisogno di mediatori e animatori con lo scopo di rendere abili ciascuno e tutti in questo impegno (Ef 4,11-13).
Nel variare della guida di comunità il diacono è chiamato a rappresentare la comunità nel suo compito di testimonianza. Il presbitero inviato dal Vescovo svolge il suo compito per un tempo invece la comunità lo precede e lo segue. Per realizzare la continuità in tale missione si rende sempre più necessario lo sviluppo di tale servizio specifico.
Ponte tra comunità e territorio. Come il Vescovo ha bisogno di una guida (il presbitero) che lo rappresenti nell'orientare la comunità e nella presidenza eucaristica così ha anche bisogno di un suo rappresentante nel momento in cui si stabiliscono legami profondi con le diverse agenzie che dirigono la vita del territorio.


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