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mercoledì 14 maggio 2008

Rocco racconta (versare il proprio sangue!)

Ecco un'altra esperienza che l'amico diacono Rocco ci racconta sulle visite alle famiglie della sua parrocchia (vedi le altre esperienze nella rubrica "Rocco racconta").


Versare il proprio sangue!
Ascoltare i fratelli è caricarsi i pesi, condividere le fatiche, aiutarci nel cammino, dare speranza a chi non c’è l'ha. Il bussare alla porta delle case per la benedizione delle famiglie sta trasformandosi in una fatica che ha tutto il sapore del divino, con tutto il suo peso umano. Bussare ad una famiglia significa accoglierne il peso, la malattia, la tristezza, il dolore, la povertà, la lontananza da Dio: è morire con la tua gente, versare il sangue... Quel Sangue di cui tu da diacono ne sei "ministro". È vivere la speranza con chi non ha speranza.

Così anche oggi ho bussato alla porta di una famiglia. Mi accoglie la madre e mi fa accomodare. Non mi molla, perché il suo cuore è pieno, tanto che esclama: "Ho bisogno che qualcuno mi ascolti, perché non so a chi dire tutte le mie cose". E così inizia il suo racconto: Siamo poveri e con me vive mia figlia. Mio marito è in carcere da tre anni per un reato commesso e ne avrà almeno per altri tre anni. E mia figlia ha altri due figli e io non posso buttare fuori lei e i suoi due figli. Così le condizioni economiche a casa mia si sono fatte difficili. E poi se non bastasse: da una settimana hanno arrestato anche mio figlio per una cosa commessa quando era minorenne. Ora i pentiti lo hanno accusato ed è stato arrestato. Lui ci aiutava a portare avanti la famiglia, ma adesso le cose si sono precipitate. Tra avvocati, visite al carcere, di soldi ce n'è bisogno parecchio. Come fare? Noi non siamo gente di chiesa, non andiamo in chiesa, ma siamo persone che si vergognano e non usciamo nemmeno da casa. L'altro giorno siamo stati a chiedere un aiuto in una parrocchia, ma la cosa ci ha ulteriormente mortificati: un parroco cosa può offrire con tanti bisognosi che ci sono? E poi di lavoro non ce n'è. Con il marito in galera, come fai a cercare Dio? Dov’è questo Dio che lei dice che mi ama?

Volti diversi, ma ugualmente storie sacre: Signore, dammi tutti i soli, i poveri, gli abbandonati, perché li possa soccorrere, aiutare, incoraggiare. Così passo da un condominio all'altro. Ma dopo questa storia, anch’io mi fermo ad aspettare. Alla messa, che di lì a poco si celebra, verso tutto il dolore incontrato, e dico con tutto il cuore: Sei Tu, Signore, l’unico mio bene! Soccorri quella tua famiglia, quella che mi hai fatto incontrare pocanzi e manda il tuo Spirito, manda la Speranza, e fa tornare il sereno. Anche oggi, Signore, ti ho riconosciuto abbandonato, solo, povero, offeso, carcerato. A me hai fatto un dono, quello di essere come una spugna: andare per i condomini della mia parrocchia e asciugare le lacrime che incontro, perché Tu, Signore, sei il Risorto, il Dio con noi, il compagno di viaggio. Io credo e spero in Te! Continuerò a bussare… e se mi dovessi anche stancare o ammazzare per il Tuo nome, Tu hai già preparato per tutti noi un banchetto nel Cielo. Voglio condividere questo momento solenne con questa mia gente, privata di tutto, ma non del Tuo Amore.
A quella mamma alla fine dico: perché non viene in chiesa? Gesù l’aspetta. E lei: Sì, debbo venire!

A ogni giorno il suo dolore, anche oggi ho avuto il coraggio di bussare: Dammi sempre, Signore, di questo coraggio!


2 commenti:

  1. la storia di questa famiglia ti tocca il cuore e sollecita una presenza. E' vero, questa famiglia deve poter incontrare Cristo ma per poterlo fare, forse ha bisogno, di vederlo nella concretezza di un aiuto che è prima di tutto materiale. Per portare Crusto occorre stare prima di tutto vicino ai bisogni concreti dell'uomo. Poi, forse, chi è toccato dallo sconforto e dal dolore cercherà anche il Signore.

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  2. E' una costante, nei racconti di Rocco, l'incontro con questo tipo di povertà. Scorgo un cuore grande che vorrebbe abbracciare il mondo intero... Penso che lo faccia, accogliendo in sé una persona alla volta, sapendo con ciò di accogliere Cristo. Alle volte io cerco di mettermi nei suoi panni, ma - lo confesso - non so se saprei avere la stessa fortezza e pazienza. Il ricordo al Signore nella preghiera non vuole essere un alibi, ma nella mia povertà prego che lo Spirito di fortezza ci sostenza tutti.

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